Il bello del gas by Marco Pastonesi & Giorgio Terruzzi

Il bello del gas by Marco Pastonesi & Giorgio Terruzzi

autore:Marco Pastonesi & Giorgio Terruzzi [Pastonesi, Marco & Terruzzi, Giorgio]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: General, Fiction
ISBN: 9788868657215
Google: OnuXCgAAQBAJ
editore: Baldini & Castoldi
pubblicato: 2015-07-05T22:00:00+00:00


TESTINA

Non... VIRGINIO FERRARI

...ce n’è... FRANCO VARISCO

...per nessuno CARLO ORSI

«Se mi chiamano Testina, ci sarà un motivo», diceva lui, di se stesso, appoggiato al bancone, con in mano un bicchiere di bianco spruzzato. Perché lui, di nome Giuseppe, di cognome Robbiati, si credeva un cervello finissimo e invece era lento, proprio un po’ blando nel comprendere le cose. Il nomignolo era nato così, al cospetto di una qualche occlusione tra le tempie e la nuca. Non si parla di un handicap vero, ma soltanto di un qualche ritardo a intuire al volo i concetti, che poi li capiva abbastanza lo stesso, quasi sempre ma dopo, se si esclude per esempio la ragione del nome – come detto Testina – che pensava fosse un omaggio al suo bel ragionare in un modo speciale.

Il Testina era uomo di sport. Gran seguace di calcio, intendesi Juve, che sapeva le squadre a memoria, anche quelle di tanti anni fa, recitate dal portiere ai rincalzi come fosse un libro stampato. Poi ciclismo, da Binda a seguire, con l’intento dell’imitare i campioni del cuore. Ce l’aveva infatti una bici da corsa colorata di azzurro, con la quale andava a Milano d’estate e d’inverno, a una media davvero eclatante. Motivata da una specie di scatto nervoso che prendeva il Testina in ogni momento, producendo un gran pedalare. «Scatto, scatto, scatto, scatto», ripeteva di colpo, aumentando il suo ritmo su strada, arrossendo nel volto e sudando, con la schiena ad arco piegata, come fanno i veri pistard.

Era amico di tutti per via di quel fare un po’ da bambino. E da quando il Gino e l’Arturo correvano in moto e poi in macchina un po’ dappertutto, i suoi sport preferiti contavano meno, essendo i motori diventati importanti. Lo portavano via, sulle piste famose. Stava ai box il Testina, col cronometro in mano, rubando sul tempo a ogni giro, con lo sguardo sicuro da intenditore, quasi fosse un autentico capo, anzi il capo assoluto del gruppo, competente di strategia.

Ai circuiti arrivava seduto sul sedile di dietro. E prima il Gino e dopo l’Arturo commentavano meravigliati di averlo aggrappato alle spalle in perfetto silenzio dopo ogni tragitto. «Questo qui ha un coraggio speciale», dicevano al bar di ritorno da ogni trasferta. A ragione del fatto che davvero il Testina non lanciava nemmeno un lamento, nonostante le pieghe e le curve affrontate tra andare e tornare. Una cosa ben rara davvero, perché tutti sapevano bene che il viaggiare coi due fratelli era meglio evitarlo, soprattutto se trasportati sopra le moto da due pazzi con in mano il manubrio.

Ma nessuno poteva affermare se il Testina avesse un coraggio supremo oppure un terrore talmente profondo da lasciarlo senza parole. Fatto sta che a domanda precisa rispondeva tranquillo: «Io sono fatto per il rischio pazzesco». E osservati gli sguardi degli altri, si sparava nel gozzo un boero.

Questa cosa, alla lunga, rendeva nervosi. Soprattutto quella gente del bar che col Gino o l’Arturo non voleva salire in modo assoluto, neanche per caso, per sogno o per urgente bisogno.



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